giovedì 30 aprile 2020

Il lavoro nella società globalizzata, ammazzato anche dal virus. L'Umanesimo del lavoro.

 Primo maggio 2020.

Festeggiare il lavoro nella società Globalizzata.
Globalizzata non solo nel lavoro, ma anche nelle infezioni da virus.
Una pandemia che a livello nazionale  cancellerà 500 mila posti di lavoro.
A livello mondiale si parla di 300milioni di posti di lavoro a rischio.
Quest'anno assume forme e valori di diversa natura.
I temi del lavoro mai tanto attuali in un clima di incertezza mondiale. 

Da noi non si farà a meno  del concertone.
Gli artisti non si esibiranno in Piazza San Giovanni in Laterano, ma dall'Auditorium Parco della Musica.
 Il pubblico? A casa.
Un tempo dal Concertone  del primo maggio, da parte di cantautori impegnati e da parte di gruppi musicali alternativi ,arrivavano strali al Governo in carica. Vedremo se il Governo Conte Bis sarà esentato da tutto ciò.
Questa è la parte "ludica" .  

Per la parte più seria ci facciamo qualche  domanda.
Come si esprimerebbe  il filosofo di Castelvetrano a proposito del lavoro,al tempo della globalizzazione?
Parlare di umanesimo del lavoro è  attuale?

Per la seconda risposta ci sentiamo di rispondere positivamente e pensiamo di fare cosa utile ricordare il pensiero del grande filosofo Giovanni Gentile.
Salvatore Valerio.







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“All’umanesimo della cultura, che fu pure una tappa gloriosa della liberazione dell’uomo, succede oggi o succederà domani l’umanesimo del lavoro. Perché la creazione della grande industria e l’avanzata del lavoratore nella scena della grande storia, ha modificato profondamente il concetto moderno della cultura. Che era cultura dell’intelligenza soprattutto artistica e letteraria, e trascurava quella vasta zona dell’umanità, che non s’affaccia al più libero orizzonte dell’alta cultura ma lavora alle fondamenta della cultura umana, là dove l’uomo è contatto della natura, e lavora. Lavora da uomo, con la coscienza di quel che fa, ossia con la coscienza di sé e del mondo in cui egli s’incorpora. Lavora dispiegando cioè quella stessa attività del pensiero, onde nell’arte, nella letteratura, nell’erudizione, nella filosofia, l’uomo via via pensando pone e risolve i problemi in cui si viene annodando la sua esistenza in atto. Lavora il contadino, lavora l’artigiano, e il maestro d’arte, lavora l’artista, il letterato, il filosofo. Via via la materia con cui, lavorando, l’uomo si deve cimentare, si alleggerisce e quasi si smaterializza; e lo spirito per tal modo si affranca e si libera nell’aer suo, fuori dello spazio e del tempo; ma la materia è già vinta da quando la zappa dissoda la terra, infrange la gleba e l’associa al conseguimento del fine dell’uomo. Da quando lavora, l’uomo è uomo, e s’è alzato al regno dello spirito, dove il mondo è quello che egli crea pensando: il suo mondo, sé stesso. Ogni lavoratore è faber fortunae suae, anzi faber sui ipsius.
Bisognava perciò che quella cultura dell’uomo, che è propria dell’umanesimo letterario e filosofico, si slargasse per abbracciare ogni forma di attività onde l’uomo lavorando crea la sua umanità. Bisognava che si riconoscesse alche al “lavoratore” l’alta dignità che l’uomo pensando aveva scoperto nel pensiero. Bisognava che pensatori e scienziati e artisti si abbracciassero coi lavoratori in quella coscienza della umana universale dignità.




Giovanni Gentile
Genesi e Struttura della Società. (1943)

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