martedì 18 novembre 2008

Il caso Englaro.







La mia coscienza non riesce a prendere delle posizioni certe,decise su questo caso.
Beato chi in maniera netta e precisa sa dare una risposta a questo caso pietoso avulsa da ogni contaminazione ideologica e/o religiosa.
C'è chi sostiene come il professor Carlo Alberto Defanti, il neurologo che dal 1995 ha in cura Eluana Englaro, ex primario del Niguarda di Milano e studioso di problemi bioetici che ''E' la prima volta che tutto questo accade in maniera trasparente'', spiega il professore, che aggiunge: ''L'altro aspetto fondamentale del gran clamore intorno alla sentenza e' che ci si interessa assai poco dello stato di Eluana: cio' che vuole chi si oppone alla sentenza della Cassazione e' ribadire in modo assoluto il principio della inviolabiltia' della vita. E' dunque una battaglia di principio quella in atto che non riguarda questa povera signora''. Chi si oppone all'interruzione dell'alimentazione sostiene che e' ''comunque vita una vita biologica priva di ogni correlato mentale, di sensazione, di soggettivita'; si sta difendendo la sacralita' della vita biologica''. E tuttavia ''se noi sappiamo che la persona che ora si trova in questo stato, dato che aveva vissuto l'esperienza di un amico che si trovava in questo stesso stato, aveva chiesto esplicitamente ai genitori nell'eventualita' fosse accaduto a lei, di non lasciarla in questa condizione, ecco allora mi sembra chiaro che noi dobbiamo rispettare la sua volonta'. Il problema e' diventato comunque di principio, se ci sia un dovere di vivere sempre e comunque oppure se si possa legittimamente decidere di non credere in una certa condizione''.

Altri invece pensano che le decisioni adottate in sede giurisdizionale producono il convincimento di un distacco sempre più netto tra uno stato pseudo liberale ed agnostico e la Comunità.
Si decide della vita di una persona prescindendo da un dato oggettivo, incontrovertibile, come è stato oggettivamente rilevato da una parte della stampa, cioè che non è possibile decidere della morte di una persona alla luce del nostro ordinamento che non prevede sia l’eutanasia sia l’accanimento terapeutico.
È ormai chiaro che la tradizione cristiana che connota la nostra civiltà, è al di fuori del paese legale: una lesione che deve essere assolutamente eliminata, realizzando una svolta nella concezione dell’organizzazione della vita civica; lo Stato, infatti, non può e non deve essere, in ossequio a un laicismo ottocentesco, avulso, lontano dal comune sentire.

Che la misericordia di Dio accolga e accompagni la sua anima alle porte del Paradiso il giorno in cui verrà meno.

Intanto il dibattito e le prese di posizioni continuano:
«Eluana non muore della patologia da cui è affetta, ma di fame e di sete. Anzi, viene fatta morire, quindi si tratta di eutanasia». Lo sostiene Franco Cuccurullo, presidente del Consiglio superiore di sanità e rettore dell'Università di Chieti, in un'intervista ad Avvenire. Cucurullo afferma di non condividere, pur rispettandole, le decisioni della magistratura. «Penso che si apra una deriva pericolosa per le persone incapaci». Secondo Cuccurullo, «c'è una forte spinta vitale in Eluana, tanto che per fermarla occorre sospendere idratazione e alimentazione. Credo che la morte sopraverrà per insufficienza renale dovuta a disidratazione, e questa non è la sua patologia».

CORTE EUROPEA - La Corte europea per i diritti dell'uomo di Strasburgo ha aperto un fascicolo in relazione al ricorso di 34 associazioni sul caso di Eluana Englaro. Non si tratta ancora dell'accoglimento del ricorso, ma l'atto apre la strada a una discussione nel merito, qualora si decidesse di accoglierlo. La Corte però non ha però ritenuto di applicare la procedura d'urgenza, ma ha scelto di seguire la via ordinaria. «Chiederemo la fissazione il prima possibile di un'udienza per discutere nel merito e una comunicazione ufficiale da parte di Strasburgo sul caso al governo italiano», ha riferito l'avvocato Rosaria Elefante, che cura l'azione promossa dalle associazioni.

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