Considerazioni personali nel quotidiano incedere della vita. Contrastare lo stucchevole potere intimidatorio del politically correct che appiattisce tutto al livello più semplice e più basso e tenta di zittire ogni differenza. Contro la globalizzazione dei cervelli.
domenica 14 settembre 2008
Fulgido esempio di democrazia.I comunisti di Caruso gambizzano.
Dove fosse finito Caruso, dopo il tonfo della sinistra alle elezioni, in pochi se lo erano chiesto. Tornato alla casa (con latifondo) avita e ai consueti giri tra centri sociali, l’ex deputato aveva dato nutrimento soprattutto al suo blog, Altrosud: luogo franco per scorribande post-demenziali e annunci di riscossa. Il suo ultimo elaborato web riguarda la legge elettorale per le Europee, e il sillogismo proposto è degno di Aristotele (si fa per dire): «Facciano pure le riforme che credono, ma se verrà approvata una legge elettorale che penalizza i piccoli partiti non vengano a lamentarsi se poi qualcuno si ritrova con un proiettile conficcato in una gamba...».
Probabile l’intento mediatico per rispolverare l’interesse su di sé. Ma l’annuncio resta choc, esagerato nei toni nonostante la successiva frase tenti di mitigarlo: «Non è una minaccia ma una constatazione». «Parole che sono pietre e colpi di pistola», reagisce il ministro Rotondi, invocando una precisazione. Provenendo da quel pulpito, in effetti, la constatazione non manca di aprire il campo a suggestioni e inquietudini: «Personalmente non ritengo l’attivismo e l’impegno extraparlamentare un problema – scrive Caruso – tuttavia ho il timore che tra le centinaia di migliaia di attivisti, iscritti e simpatizzanti della sinistra questi truffaldini tentativi di azzerare, azzittire e cancellare qualsiasi soggettività di sinistra porti con sé il rischio di ingenerare inquietudine e frustrazione, sentimenti che fomentano la diffidenza, l’odio e l’aggressività politica. Negli anni Settanta il sistema consociativo Dc-Pci chiuse gli spazi di agibilità politica e sospinse migliaia di giovani sul terreno extraparlamentare, poi dell’illegalità diffusa per sfociare infine nella stagione della lotta armata...».
Parallelo insensato e minaccioso, che il giovane ex parlamentare tenta ancora una volta di confondere nell’ambiguità lessicale. «Oggi viviamo in tutt’altro contesto, ma la chiusura di qualsiasi spazio politico sul terreno della democrazia formale porta sempre con sé il rischio di una radicalizzazione dello scontro politico fuori dai meccanismi formali della democrazia rappresentativa. Del resto nessuno sbarramento elettorale è mai riuscito a fermare il desiderio e il bisogno di trasformare radicalmente lo stato di cose presenti...». Ma di che parla e a chi, il Disobbediente in crisi di astinenza (per lo più mediatica)? Chiederselo è lecito, visto che i due anni da parlamentare sembrano essergli scivolati addosso invano.
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