domenica 9 settembre 2007

A proposito del Vaffanculo Day dell’8 settembre

Considerando che Beppe Grillo era, é e resterà, fondamentalmente e profondamente, sempre e comunque, un comico e che la stragrande maggioranza dei nostri politici, di maggioranza o di minoranza, di governo o di opposizione, di sinistra o di destra, é stata, é e sarà composta da macchiette e sagome da avanspettacolo, non sappiamo se ridere o, per dirla alla Massimo Troisi, non ci resta che piangere.
A tre giorni dalla valanga di oscene amenità gridate, strepitate, urlate dai trecentomila becero-coatti, fomentati e aizzati da un capocomico a corto di battute e, semmai ne abbia avuta qualcuna, di idee, e a diverse ore dal profluvio di sesquipedali panzane dei mestieranti dell´oratoria (non osiamo e non ce la sentiamo di definirli politici) oggetto del prosaico scherno della ferale piazza bolognese, spontaneo, devastante, irrefrenabile avvertiamo l´istinto e il bisogno di mandare, educatamente ma recisamente, a quel paese il redivivo Guglielmo Giannini e la riedizione piú arrabbiata, forcaiola e menefreghista del Qualunquismo; non per difendere o giustificare, sia chiaro, una presunta classe dirigente che con il 'vaffa' a sè stesso del ministro Antonio Di Pietro (partecipe all´evento) ha raschiato il fondo del barile, ma solo per dissociarsi dall´ipocrita coro che per interesse politico, calcolo elettorale, conformismo intellettuale e pavidità culturale blandisce un movimento che ha generato il vuoto assoluto di un evento mediatico senza capo nè coda: con parolacce quali parole d´ordine, flati e peti come libertà d´espressione, medi della mano destra o sinistra alzati in luogo dei saluti romani o dei pugni chiusi.
Difficile, insomma, nonostante l´inconsistenza e l´inadeguatezza della pallida ombra di una classe politica degna di tale nome che ci ritroviamo oggi in Italia, scorgere un vantaggio pur minimo e impercettibile nel passare dal modello degli squali della politica al paradigma degli 'Squallor' della cosa pubblica prospettato e ostentato dai cafoni di piazza Grande. Se, in altre parole, Battiato a Beethoven e Sinatra preferiva l´insalata, noi al disfattismo sboccato dei Grillo´s boys preferiamo il riformismo compíto dei Biagi e dei D´Antona; e poi, ai sociologi d´accatto, ai cattivi maestri in servizio permanente effettivo, agli orfani del 68 e ai nostalgici del 77, sempre pronti a delineare un disagio e descrivere una protesta sociale nella speranza che da essa germogli una rivolta che sfoci in una ribellione delle masse che gli restituisca l´illusione della giovinezza e la certezza di nuovi diritti d´autore per una serena pensione, consigliamo di scavare piú a fondo in un fenomeno che é figlio non dell´affermazione dell´essere quanto dell´ostentazione dell´apparire. La piazza bolognese é la stessa di quella modenese che, si fa per dire, si é diligentemente messa in fila, al sole cocente, formalmente e ufficialmente per rendere l´ultimo saluto a Luciano Pavarotti, concretamente per strappare un autografo o una foto col videofonino ai big della musica accorsi per salutare il maestro scomparso.
Perció, al futuro politicante Beppe Grillo, diciamo, chiaro e forte, che vada pure a fan....lo!
(il pungiglione)

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