lunedì 20 agosto 2007

Che Guevara sempre più logo del capitalismo.Molti fans ignorano i misfatti del guerrigliero.



Dopo aver fatto tanto (o poco?) per distruggere il capitalismo,
Che guevara è diventato un marchio che è la quinta essenza del
capitalismo stesso.Tazze,berretti,accendini,portachiavi,bandiere,
bandane,etc. tutte che raffigurano l'immagine di "Ernesto".
Le trasformazioni del "Che" in un marchio capitalista,non è nuova
ma ha conosciuto un revival puittosto significativo,essendo giunto
anni dopo il "collasso politico- ideologico" di tutto ciò che Guevara
ha rappresentato.E' normale che i fedeli di un culto non conoscano la
verità storica del loro eroe? Non sorprende che gli attuali ammiratori
postcomunisti si autoingannino con esclusione degli argentini che
affermano:"Ho una maglietta del Che e non so perchè".
Pensiamo a chi ha usato il volto del Che come icona di giustizia,
di ribellione agli abusi di potere.
Cablogrammi segreti inviati dall'ambasciata americana dell'Avana
al Dipartimento di Stato parlano di oltre 500 vittime , (c'è chi dice 700)
esecuzioni delle quali questo "eroe" si rese responsabile.
Il grande musicista Jazz Paquito D'Rivera criticò un'altro grande,
Carlos Santana,che si presentò agli Oscar della musica con la maglietta
raffigurante il Che, dicendo: "uno dei cubani uccisi fu mio cugino Bebo,
rinchiuso in carcere perchè cristiano.Dalla sua cella all'alba sentiva
le urla dei tanti condannati a morte senza processo, che morivano al
grido di "Lunga vita a Cristo Re!".

martedì 14 agosto 2007

LA MADONNA DEI SETTE VELI (ICONAVETERE)


IL 15 agosto i foggiani venerano la Madonna dei 7 Veli.
E' la protettrice della mia città.
Abbiamo, in questo particolare momento, a Foggia il bisogno che qualcuno
dal cielo ci protegga e ci illumini.
Che l'Iconavetere rappresenti per tutti noi un punto di riferimento
che ci conduca, ci indirizzi sempre verso il bene.

domenica 12 agosto 2007

Filippo Corridoni un eroe dimenticato.(perchè fascista?)

Nato a Pausula (oggi Corridonia), in provincia di Macerata, il 19 agosto 1887; caduto in combattimento sul Carso, alla “Trincea delle Frasche”, il 23 ottobre 1915.
Nella prima giovinezza è mazziniano. Uscito dalla scuola industriale superiore di fermo, trasferitosi a Milano nel 1905, è impiegato disegnatore presso la ditta Miani-Silvestri.
Si getta subito nella lotta sociale, militando nelle schiere del Sindacalismo Rivoluzionario.
Fa sua la formula: “L’emancipazione dei lavoratori deve essere opera dei lavoratori stessi”. G.Sorel, E.Leone, G.Hervé sono i suoi autori.
Egli pensa che il sindacalismo operaio possa creare uno stato nello stato e, successivamente, procedere alla conquista del potere.
Austero, incurante di pericoli e di privazioni, sa infondere nella folla il fascino dei suoi ideali. Sostiene con stoica fermezza una lunga serie di battaglie e persecuzioni, nonché, per qualche tempo, l’esilio.
A partire dal 1907 conduce un’aspra lotta contro la Confederazione generale del lavoro, dando prova di grande ardimento in mezzo a scioperi ed agitazioni.
Nel 1908 è con Alceste De Ambris a Parma per guidare quello che “sarebbe stato ricordato come il più lungo, drammatico e imponente sciopero generale agrario del sindacalismo rivoluzionario italiano”.
In mezzo a dure esperienze in Italia e all’estero, le sue concezioni sindacaliste si allargano e si modificano. Propagandista e volontarista, insieme con la rivolta delle masse operaie, Corridoni predica la rivolta della borghesia per l’avvento di d’una classe dirigente più consapevole ed atta ad affrontare una lotta decisiva.
Allo scoppiare della guerra dichiara di trovarsi di fronte all’immaturità proletaria e a moltissimi problemi da risolvere in comune con le altre classi sociali.
Fa generosa ammenda di tutte le ubbie internazionali cui aveva fino allora creduto e, richiamando le moltitudini all’idea di patria e di dovere nazionale, si schiera a fianco di Benito Mussolini per l’intervento.
Benché inabile alle fatiche di guerra riesce a farsi inviare, volontario, al fronte.
Nella vittoria, vede la premessa necessaria allo sviluppo ed alla grandezza della nazione.
Destinato al 32° reggimento fanteria operante sul Carso vi giunge il 26 luglio 1915, ma poiché il reggimento si trova in quei giorni a riposo nelle retrovie, Corridoni, anelante di cimentarsi contro il nemico, vuole immediatamente raggiungere la linea di combattimento e si reca in trincea presso il 142° reggimento.
Spesso, dopo difficili missioni, torna nelle linee italiane provato dalle fatiche e dai disagi, ma sempre ripete la sua frase abituale: “Dobbiamo assolutamente vincere ad ogni costo. Il nemico deve essere schiacciato”.
Nella fatale e gloriosa giornata del 23 ottobre, all’assalto della Trincea delle Frasche, Filippo Corridoni, in testa alla sua compagnia, anima i compagni che muovono lungo la collina verso le munite trincee austriache e canta gli inni della patria.
Al segnale d’attacco egli è fra i primi a saltare fuori dalla trincea di partenza ed è sempre tra i primi a giungere sulla trincea avversaria ove, in piedi, agita il berretto gridando “Vittoria! Viva l’Italia!”.
Qui cade colpito a morte.
Viene decorato con medaglia d’argento, trasformata poi in medaglia d’oro con la seguente motivazione:
Corridoni Filippo, soldato del 32° reggimento fanteria, soldato volontario e patriota instancabile, col braccio e con la parola, tutto se stesso diede alla Patrio con entusiasmo indomabile.
Fervente interventista per la grande guerra, anelante della vittoria, seppe diffondere la sua tenace fede fra tutti i compagni, sempre di esempio per coraggio e valore.
In testa alla propria compagnia, al canto di inni patriottici, muoveva fra i primi, e con sereno ardimento, all’attacco di difficilissima posizione, e tra i primi l’occupava.
Ritto con suprema audacia sulla conquistata trincea al grido di “Vittoria! Viva l’Italia! Incitava i camerati, che lo seguivano, a raggiungere la mèta, finchè cadeva fulminato da piombo nemico.

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